Una bozza di decreto del governo italiano per accelerare i lavori pubblici in linea con le regole per la richiesta di fondi dell’UE per riprendersi dalla pandemia ha scatenato minacce di sciopero da parte dei sindacati e suscitato opposizione all’interno della coalizione di governo.
Il piano di ripresa di Roma, presentato a Bruxelles il mese scorso, includeva l’impegno ad approvare la legislazione entro il 20 maggio per snellire le procedure burocratiche, il primo di un pacchetto di riforme necessarie per sbloccare oltre 200 miliardi di euro in sovvenzioni e prestiti a basso costo.
La scadenza è stata posticipata alla fine del mese, ma la bozza del cosiddetto decreto di semplificazione diffuso dal governo di Mario Draghi ha ricevuto una risposta aggressiva.
I sindacati e il Partito Democratico al governo affermano che ridurrà la sicurezza sul lavoro, aumenterà l’illegalità e potenzialmente metterà in pericolo il paesaggio e il patrimonio artistico italiano.
Il principale punto critico è una procedura che rende più facile per le aziende che vincono offerte pubbliche di emettere subappalti per l’attuazione dei progetti, riducendo così le responsabilità legali dell’appaltatore principale. I sindacati dicono che questo porterà a salari più bassi e allo sfruttamento del lavoro.
“Quello che fa il governo è inappropriato”, ha detto Maurizio Landini, presidente della più grande federazione sindacale, la Cgil. “Se non cambia rotta, guarderemo a tutte le forme di protesta, e nulla è escluso”, ha detto al quotidiano La Repubblica, minacciando scioperi coordinati con altri grandi sindacati italiani.
Il governo si è detto pronto ad affrontare le preoccupazioni sulla bozza prima dell’approvazione finale.
Paula de Micheli, l’ex ministro delle infrastrutture del Partito Democratico al governo, ha avvertito che la liberalizzazione dei lavori pubblici “aprirebbe le fessure in cui entrerà la mafia”.
L’Italia ha approvato numerose leggi nel corso degli anni con l’obiettivo di semplificare la sua burocrazia storta, ma con un impatto poco percettibile. Il precedente governo, guidato da Giuseppe Conte, ha adottato un decreto di semplificazione meno di un anno fa, definendolo “la madre di tutte le riforme”.
L’impegno di rimborso questa volta significa che la posta in gioco è maggiore per trovare un compromesso tra la semplificazione delle procedure ed evitare scorciatoie inaccettabili.
Il ministro della Cultura Dario Franceschini, anche lui del Pd, ha espresso la sua preoccupazione per la bozza di 45 pagine del decreto di semplificazione, affermando che i paesaggi e il patrimonio artistico italiani non possono essere messi a repentaglio per semplificare le procedure.
Ha detto che il suo ministero contribuirà ad accelerare l’approvazione dei progetti prioritari nel piano di ripresa italiano, tra cui la tecnologia delle comunicazioni 5G e gli impianti di energia rinnovabile, “ma non possiamo smantellare le garanzie”.