L’Italia sta valutando la possibilità di uscire dalla Belt and Road Initiative della Cina poiché le sfide economiche persistono

(MENAFN) Con l’avvicinarsi della scadenza per il rinnovo da parte dell’Italia della Belt and Road Initiative cinese, i media occidentali sono in fermento con la speculazione che Roma possa scegliere di ritirarsi dal patto. L’Italia ha fatto notizia come primo e unico paese del G7 ad aderire all’ambiziosa visione infrastrutturale multimiliardaria della Cina, formalizzando la sua partecipazione attraverso un Memorandum of Understanding (MoU) prima che l’ondata di sentimenti anti-cinesi invadesse la scena mondiale. A quel tempo, l’Italia era guidata da Giuseppe Conte del populista Movimento Cinque Stelle, che incolpava l’establishment euro-atlantico per la recessione economica del Paese derivante dalla crisi del debito del 2008 e dalle successive misure di austerità. In questo contesto, l’Italia ha rivolto lo sguardo ad Oriente.

Nonostante siano passati 15 anni dai fatti del 2008, l’economia italiana stenta ancora sulla strada della piena ripresa. Il suo PIL, che alla fine di quell’anno si attestava a $ 2,4 trilioni, ristagnava a circa $ 2,1 trilioni, mostrando una crescita scarsa. Le continue crisi economiche hanno influito sul benessere finanziario dell’Italia. L’attuale leadership del Paese non vede più tutte le strade per Roma, figuriamoci la moderna Via della Seta per la Cina. Vedono invece quelle strade che portano a Washington. Mentre la pressione aumenta sull’Italia, i suoi successivi leader, Mario Draghi e Giorgia Meloni, hanno cercato di riallineare la politica estera del paese verso obiettivi transatlantici, segnalando la fine della sua ribellione anti-establishment e sollevando la possibilità di un allontanamento dalla Greater China Initiative .

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