Il “vigile in mutande” rientra al lavoro dopo otto anni di assoluzioni
Alberto Muraglia, meglio conosciuto come il “vigile in mutande”, è stato finalmente reintegrato nel suo posto di lavoro dopo otto anni di assoluzioni in primo e secondo grado. La Corte d’Appello di Genova ha preso questa decisione che rappresenta una svolta nella vicenda.
Muraglia era stato coinvolto nell’inchiesta “Stachanov” del 2015, che aveva portato all’esecuzione di 43 misure cautelari nei confronti di dipendenti del Comune di Sanremo, tra cui lui stesso. L’accusa era di truffa e infedele timbratura del cartellino, in quanto si pensava che gli agenti si scambiassero i cartellini o mandassero i parenti a timbrare per loro, mentre svolgevano altre attività durante l’orario di lavoro.
Nonostante le due assoluzioni ottenute, il Comune di Sanremo aveva respinto la richiesta di riaprire il procedimento disciplinare, confermando il licenziamento di Muraglia. Quest’ultimo, allora, ha deciso di presentare ricorso e ha ottenuto ragione dalla Corte d’Appello di Genova.
La sentenza ha stabilito che il Comune deve reintegrare Muraglia nel suo posto di lavoro e pagargli un risarcimento di circa 250.000 euro, corrispondente alla retribuzione persa durante il periodo di licenziamento. Nel frattempo, Muraglia aveva aperto un laboratorio come “tuttofare” per mantenersi in attesa di tornare al suo lavoro di vigile.
Durante il processo erano coinvolti anche altri nove agenti di polizia locale, mentre 16 colleghi avevano patteggiato. Il giudice ha sottolineato che timbrare in abiti succinti non costituisce un reato penale e che le accuse erano di falso e truffa, non di atti osceni o contrari alla decenza pubblica.
L’imputazione di Muraglia è stata quindi completamente scagionata e finalmente potrà riprendere il suo lavoro di vigile. Questa vicenda ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica per l’insolita situazione in cui era coinvolto Muraglia, ma ora si conclude con una decisione favorevole per lui.