Di Giuseppe Fonte
ROMA (Reuters) – L’Italia sta lottando per mediare un accordo tra società di pagamento, banche e rivenditori per abbassare le commissioni per le transazioni elettroniche, aumentando la prospettiva di una tassa inaspettata sui settori finanziari, hanno detto mercoledì a Reuters due fonti vicine alla questione.
Il costo dei pagamenti digitali è al centro dell’attenzione in Italia, poiché l’amministrazione di destra guidata dal primo ministro nazionalista Giorgia Meloni ha cercato di affrontare le lamentele dei rivenditori sulle commissioni.
Roma vuole che le parti si accordino per ridurre le commissioni sulle transazioni elettroniche fino a 30 euro ($ 32,87) per le aziende con ricavi annuali fino a 400.000 euro.
La Meloni si è detta pronta ad addebitare un “contributo di solidarietà” pari al 50% dei proventi netti di quei no-deal, che inizialmente sarebbero dovuti arrivare entro la fine di marzo.
Lo schema in discussione prevederebbe l’assenza di commissioni per pagamenti fino a 10 euro, con commissioni ridotte tra 11 e 30 euro, ma alcune società finanziarie stanno riluttando su una soluzione del genere, secondo una delle fonti.
Una seconda fonte ha detto che un incontro tra tutte le parti interessate è ora previsto per il 20 aprile, sottolineando che un accordo è ancora molto lontano.
La proposta tassa sugli utili straordinari, se introdotta, colpirebbe la società di pagamenti italiana Nexi, ma colpirebbe anche le banche che ricevono una parte delle commissioni pagate dagli esercenti.
Con l’età media più alta nell’UE, l’Italia è un ritardatario digitale: i pagamenti con carta rappresentano il 32% del totale, in calo rispetto al 47% dell’Europa, ma in forte aumento rispetto al 17% del 2017, mostrano i dati Nexi.
Meloni ha promosso colloqui per tagliare le tasse dopo che il suo governo a dicembre si è ritirato da una proposta di tagliare le sanzioni per i negozianti che rifiutano di accettare pagamenti digitali, a seguito delle critiche della Commissione europea.
I fautori dei pagamenti in contanti sostengono che fanno risparmiare commissioni bancarie per i negozianti, mentre i critici, inclusa la banca centrale italiana, affermano che la deregolamentazione del contante alimenterebbe l’economia sommersa.
Il Tesoro stima l’evasione fiscale in Italia a 90 miliardi di euro, in calo rispetto ai 106 miliardi di euro del 2015.
($ 1 = 0,9127 euro)
(Montaggio di Connor Humphreys)