L’Italia ha inferto un duro colpo oggi contro il potente gruppo criminale organizzato ‘Ndrangheta, incriminando 70 gangster e altri nel primo test critico del più grande processo per mafia in più di tre decenni.
Il giudice Claudio Paris ha letto i verdetti e le sentenze emesse a 91 imputati nell’enorme aula del tribunale di Lamezia Terme, in Calabria.
Mentre 355 persone devono ancora essere processate in procedimenti che dovrebbero durare due anni o più, i condannati oggi hanno optato per un processo rapido.
Questa procedura, che si è svolta a porte chiuse, ha permesso loro di risolvere un terzo della pena in caso di condanna.
Da gennaio, un’aula di tribunale appositamente adattata ha ospitato il “processo massimo” di centinaia di indagati appartenenti alla ‘Ndrangheta, il gruppo mafioso più ricco e potente del Paese.
Il famigerato procuratore antimafia Nicola Gratteri – i cui sforzi per sconfiggere la ‘Ndrangheta lo hanno costretto a vivere sotto sorveglianza della polizia per più di 30 anni – ha detto che il verdetto “è andato bene”.
“Su 91 imputati, 70 imputati innocenti sono stati condannati”, ha detto Gratteri all’agenzia di stampa italiana AdnKronos, aggiungendo che gli assolti erano giocatori junior.
Alcuni dei membri più pericolosi del gruppo sono stati condannati a un massimo di 20 anni di carcere, come richiesto dall’accusa.
Tra loro c’era Domenico Macri dell’ala militare del gruppo. Pascual Gallon, braccio destro del presunto boss mafioso Luigi Mancuso, il cui processo è tuttora pendente; e Gregorio Niglia, il cui ruolo includeva l’approvvigionamento di armi e l’estorsione.
Gratteri ha affermato che circa un terzo del gruppo ha ricevuto pene detentive di dieci o più anni, mentre 21 persone sono state assolte, sette su richiesta dei pubblici ministeri.
La ‘Ndrangheta, radicata nella regione più povera della Calabria in Italia ai piedi della penisola, ha superato Cosa Nostra in Sicilia in termini di potere e ricchezza.
Il gruppo controlla la maggior parte della cocaina che scorre in Europa.
Il pesce più grosso nel caso dell’accusa ha scelto il processo più lungo.
Sono Mancuso “Zio”, 67 anni, considerato il capo delle famiglie della ‘ndrangheta che dominavano la provincia calabrese di Vibo Valentia, e l’ex senatore e avvocato Giancarlo Petelli, 68 anni, accusato di essere un dirigente impiegatizio di Mancuso.
Otto imputati nel processo sommario hanno affrontato un massimo di 20 anni: sei di loro hanno ricevuto condanne complete.
Tra loro c’era Gallon, 62 anni, che ha aiutato a organizzare tre anni per il capo Mancuso all’inizio del 2014. Mancuso era stato rilasciato solo di recente dopo aver scontato 19 anni.
La ‘Ndrangheta comprende circa 150 famiglie in lizza per un posto all’interno dell’organizzazione. Gli esperti stimano che siano supportati da almeno 6.000 membri e affiliati in Calabria, e si gonfiano a migliaia in tutto il mondo.
La sua influenza è ora internazionale, con guadagni illeciti reinvestiti nell’economia legittima. La capacità della ndrangheta di infiltrarsi praticamente in tutti i settori della pubblica amministrazione calabrese le ha permesso di ottenere contratti redditizi e consolidare il suo potere.
Le accuse nel caso sono associazione mafiosa, tentato omicidio, riciclaggio di denaro sporco, usura, traffico di droga, estorsione e detenzione illegale di armi.
Il processo massimo si svolge in un’aula di tribunale tentacolare per ospitare le centinaia di avvocati coinvolti e comprende più di 900 testimoni dell’accusa e 58 testimoni di stato.
Il leggendario grande processo d’Italia nel 1986-87 fu un’eclissi delle dimensioni dell’attuale processo, che inferse un duro colpo a Cosa Nostra di Sicilia, in cui furono condannate 338 persone.
I procuratori antimafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino furono successivamente assassinati da una folla inferocita.